domenica 6 aprile 2014

From "Cappuccetto Rosso" to "Gioco di Mano"

C’era una volta un… lupo!
Ebbene sì, cari bambini: che noia sempre i soliti personaggi, questa volta vi racconterò di un lupo.
Innanzitutto partiamo dal suo nome, Ringhio: tutto un programma.
Non era un lupo qualsiasi, anzi, un lupo così non si era proprio mai visto. Magro e deboluccio. Tanto che Mamma Lupa non sapeva più che fare.
Aveva provato in tutti i modi: gallina fresca. Niente. Costolette di agnello al sangue. Niente. Capretto. Niente. Niente. Niente. “Sei la rovina della nostra famiglia” gli diceva sempre. Un vero tormento.
Ma bando alle ciance e vediamo cosa combina il nostro lupo.
Un bel pomeriggio di primavera Ringhio stava saltellando allegramente nel bosco in cerca di quadrifogli mentre, poco distante dal sentiero, camminava anche una bambina tutta vestita di rosso con un cestello in mano.
“Ciao Lupo, sono Cappuccetto Rosso” gli urlò quella.
Ringhio fece un balzo di lato a bocca aperta…

ARGGGHHH….
Era sopra pensiero. Quindi, con il cuore in gola si guardò attorno spaesato.
Al giovane lupo vennero immediatamente in mente le parole della madre “mi raccomando, mai parlare con gli estranei”.  Decise, quindi, di tirare dritto per la sua strada.
“EHI LUPO COSA FAI?” urlò ostinata la bambina vestita di rosso.
Ringhio continuò ad ignorarla e allungò il passo aggrottando le sopracciglia provando delle smorfie esercitandosi in suoni spaventosi: “grrrr… roaaaaarrr… grrrroarrrr”.
Di tanto in tanto si voltava indietro.
Era talmente teso e concentrato che non si accorse nemmeno del sasso che gli arrivò dritto dritto sulla schiena.
“Ahiiiii ahiiii” guaì.
“TI HO FATTO UNA DOMANDA LUPASTRO” sbraitò la tenera bambina.
“Ehmm… sì… ecco… sto cercando quadrifogli: portano fortuna!”. A quanto pare non ne ho trovati a sufficienza penso tra sé e sé.
“Scusa sai, ma mi pare tu abbia un po’ di confusione in quella zucca pelosa. Dovresti…”. E avvicinatasi al suo orecchio cominciò a bisbigliare una tiritera secondo la quale il buon Ringhio avrebbe dovuto anticiparla fino a casa della nonna, mangiare la nonna, poi mangiare lei e infine essere squartato da un cacciatore.
“Perdonami… come hai detto che ti chiami?” disse timidamente.
“CAP-PU-CET-TO ROS-SO! Quante volte te lo devo dire?!” rispose quell’altra scocciata e gli mollò un pizzicotto.
“Ecco Cappuccetto, io vedi… ehm… non sono molto interessato. La tua proposta sarebbe anche allettante, ma vedi… io… sono vegetariano! Non mi frega niente di mangiare bambini e tanto meno nonne che penso siano pure stoppose, mamma dice sempre di non dire frega ma adesso non c’è, e poi anche volendo ad ascoltare mamma a me piacciono di più gli agnellini ma tu non ti offendere…”. E dopo aver detto tutto questo sospirò come sollevato.
“No, caro mio, tu proprio non capisci. Tu, ADESSO, fili a casa di nonna e te la mangi. Poi mi aspetti lì e mangi pure me, ma solo dopo che ti avrò fatto tre o quattro domande. Se è necessario ti scrivo le risposte su un foglietto. E dopo ti fai squartare dal cacciatore che ci tira fuori vive: non è che adesso vieni qui e cambi la fiaba come se nulla fosse, CHIA-ROOO?”.
E così dicendo, per paura Ringhio si dimenticasse, gli diede un manrovescio sulla nuca.
Il nostro povero lupo, colpito di sorpresa, reagì d’istinto. Spalancò le fauci e la inghiottì in un sol boccone.
Fu così che Ringhio, il lupo vegetariano, scoprì che, tutto sommato, la carne non era malaccio.
E visse felice e contento.


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