mercoledì 14 maggio 2014

Le faremo sapere...

Albeggia.
Ti alzi dopo che ti sei rotolato di qua e di là su un letto insolitamente scomodo. Anima in pena hai edificato, paziente, ogni possibile scenario. Ogni imprevisto sposato con la sua soluzione.
Poi, esausto, ti alzi e cominci a prepararti con cura: ti lavi, ti radi, ti profumi e ti vesti elegante.
Dalla telefonata del selezionatore non è passato troppo tempo. Solo qualche giorno: quelli necessari a spostare qualche impegno o a far combinare la sua disponibilità, la tua possibilità e l’ansia, diventata improvvisamente padrona del tuo tempo.
“Mai arrivare in ritardo ad un colloquio” ti è sempre stato detto. Così, in anticipo di oltre mezz’ora, ti trovi a camminare, aria da scippatore alle prime armi, lungo le vie adiacenti all’indirizzo che hai studiato su internet prima e constatato su asfalto e catrame poi.
E’ caldo. E sale lo spread tra la temperatura che percepisci e quella segnalata dal cartello luminoso della pasticceria dove hai ingurgitato un caffè.
Finalmente sali. Ricapitoli cosa devi e cosa non devi fare.
Stretta di mano sicura, guarda negli occhi, non giochicchiare con i capelli, non tamburellare con le dita, fermo con il piede, gambe composte, mani lontane dalla Sua scrivania, niente risatine isteriche e …
“Buongiorno Signor ...”
Inizia.
Apnea e concentrazione.
Cosa fa, cosa cerca, come si vede, cosa le manca, perché cambia, mi racconti di lei …
Finito.
Sai che è quasi ineluttabile, però non vuoi che lo dica.
La proibiresti.
“Bene, adesso procederemo nella selezione e poi …”
Non la vuoi proprio sentire.
Se potessi ti tapperesti le orecchie e urleresti “Bababababababababa …”.
“… Le faremo sapere”.
Ecco.

Ora sostituite al colloquio un post di questo blog, alla telefonata la mia idea strampalata di scrivere qualcosa e alla preparazione la lettura, la rilettura e la correzione del post.
Sta a voi non lasciarmi con un “Le faremo sapere”.
Non abbandonatemi sull’autostrada della comunicazione.

 

2 commenti:

  1. "Le faremo sapere". Bugiardi! Non c'è quasi più nessuno che faccia davvero sapere, a meno che non sia una risposta affermativa. Ti lasciano cuocere nell'ansia, al fuoco lento della speranza, che matura in disperazione e rabbia. Tanta fatica e così poca considerazione. Nell'era della comunicazione giustificano il silenzio con il costo della telefonata.
    È dura la vita per chi arriva secondo in questo genere di cose...
    Troppo pochi a tenere il fortino della "buona creanza".

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    1. Grazie Eil.
      Innanzitutto perché hai risposto e, poi, perché mi offri la possibilità di spiegare meglio ciò che intendo.
      Comunicare significa procedere in una direzione, ma anche aspettarsi di ricevere un riscontro che torni indietro.
      Non importa il tipo di reazione (un "mi fa schifo" o un "mi piace" posso comunque essere utili), è sufficiente il segno che la tua comunicazione non si è arrestata. Non ha trovato un muro su cui sfracellarsi. Esattamente come ci si auspicherebbe accadesse per un colloquio.
      Credo che un concetto analogo valga per un blog e, più in generale, per un testo qualsiasi.
      Ci si aspetta che non sia un biglietto di sola andata.
      Altrimenti il rischio è di diventare autoreferenziali o, se preferisci, di suonarsela e cantarsela da soli.
      No?

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