«Chiamatemi Ismaele» (Herman Melville - Moby Dick).
«È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo
in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie» (Jane
Austen - Orgoglio e pregiudizio).
«Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni
famiglia infelice è infelice a suo modo. » (Lev Tolstoj - Anna Karenina).
«Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta
qualche moneta o un elogio in cambio di una storia. Non dimentica mai la prima
volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se
riuscirà a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della
letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della
giornata e soprattutto quanto più desidera: il suo nome stampato su un
miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più a lungo di lui. Uno
scrittore è condannato a ricordare quell'istante, perché a quel punto è già
perduto e la sua anima ha ormai un prezzo. » (Carlos Ruiz Zafón - Il gioco
dell’angelo)
Sono tutti incipit.
Sono tutti incipit che ritengo straordinari (l’ultimo mi è
particolarmente caro in qualità di modesto imbrattacarte - per questo l'ho riportato
integralmente - anche se mi rendo conto che possa sembrare temerario accomunare
Zafón a Tolstoj).
Sono tutti incipit che potrebbero ispirarsi al motto “shock
and awe”.
Ovvero colpisci e stupisci.
No, non sono un fanatico militare. E no, non si tratta una lezione di strategia militare.
Nossignore.
Non c’è nulla di più distante.
E non si tratta nemmeno di un corso di scrittura: non ne
sarei all'altezza.
Sono riflessioni ad alta voce (un blog non equivale certo a
sussurrare) da condividere. Pulci nell’orecchio. Per chi scrive e per chi legge.
Per me innanzitutto.
Si tratta di stimoli per chi ha voglia di pedinare la
propria curiosità, per esempio, lungo il corridoio in cui l’American Book Review
ha appeso i cento incipit più belli (sbirciate su 100 Best First Lines from Novels).
Per altri, come me, leggerli aiuta a mettere a fuoco.
Permette di rammentare quanto sia fondamentale colpire Il
Lettore nelle prime righe.
Attrarlo. Catturarlo. Blandirlo. Farlo nostro. Stipulare un
patto narrativo che lo conduca alla fine della storia. Non perché costretto. Non
perché obbligato. Non per chissà quale strana forma di cortesia. Semplicemente
perché lo desidera. Perché lo brama profondamente.
C’è un parametro per valutare l’efficacia di un sito web: si
chiama “frequenza di rimbalzo”. Dopo quanto tempo il cibernauta inizierà a
digitare nuovamente “www” sulla sua tastiera? Pochi secondi.
Invece...
Cosa colpisce un lettore nelle prime righe?
Quanto tempo ci è concesso prima che Il Lettore decida di
rimbalzare altrove?
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