venerdì 3 agosto 2018

Bignami per affrontare la Morte da attore non protagonista


Vi ho mentito.
Questo, in realtà, non è un manuale nemmeno nella meno pretenziosa delle modalità come potrebbe essere un bignami. È un condensato di pensieri, un tubetto da cui spremere emozioni o sentimenti, un infuso di situazioni, momenti legati alla Morte. Morte di un familiare, di un amico, di una persona cara.
È capitato a me, come penso sia capitato a voi. L’idea di scrivere questi pensieri è nata una mattina in cui, dopo aver fatto colazione, mi sono messo a leggere, tra la cucina e il bagno, la lettera di un giornalista a sua moglie, poco più giovane di me, morta di cancro.
Inutile dire che mi ha colpito. Ne ho ricavato che, spesso, dinanzi a queste circostanze siamo impreparati: non sappiamo come affrontarle, come mosche cieche, brancoliamo nel buio.
Soprattutto quando siamo ai margini del dolore. Toccati, ma non investiti. Lambiti di riflesso. Quando siamo il compagno, il marito, il migliore amico di chi sta soffrendo la perdita.
L’impotenza ci colpisce. Ci schiaffeggia. L’inutilità delle parole ci sovrasta. Ci annichilisce. Ecco perché vorrei prima capire cosa è la morte per noi. E per “noi” intendo noi “superstiti”. Attori non protagonisti.
Ho già descritto, in passato, la morte come una schiava. Una coscritta. Una forzata dell’ultimo respiro. Costretta a rapinare la vittima con un bacio per portargli via la poca aria nei polmoni. 
Oggi, meno poeticamente forse, la immagino come un treno. Un treno talvolta lento ed inesorabile e talaltra rapido ed implacabile.