Due cazzotti ben
assestati. Stomaco e mento per mandarmi lungo disteso.
Le Olimpiadi hanno
sempre rappresentato per me lo zenit dello Sport. Quello vero. Il sogno del
bambino sublimato nell'evento che si gode l'adulto.
Non so dove o quando
sia nata la passione per le Olimpiadi. Di sicuro c'è lo zampino di una sorella
sportiva (dall'hockey su pista all'atletica) con la quale guardavamo ogni
singola gara (dai 100 metri alla scherma passando per il canottaggio). Merito
degli Abbagnale. Di Stefano Tilli. Di Marlene Ottey. Delle fiorettiste azzurre.
Degli atleti che, sfiniti, arrivano al traguardo staccati anche di mezze ore.
Perché le olimpiadi sono le Olimpiadi. Esserci, a volte, basta.
Eppure, immaginate
un negozio con vetrine perfette. Lucidate, spolverate e riempite di bicchieri,
porcellane, vetri di Murano… Improvvisamente entra un giocatore di bowling in
preda ad un raptus. E … BAM! Olimpia va in frantumi. Vetrine, tazzine. Tutto
rotto.
La sensazione è quella
di un deja-vu. Era già successo quando Sua Maestà Il Doping rase al suolo il
ciclismo. L’Appassionato tradito. Una, due, tre. Cento volte.
La boccia colpisce
così, su un giornale: Schwazer, medaglia d'oro "postuma" per
doping. Ovvero Alex Schwazer, (per chi non lo ricordasse un marciatore di Vipiteno)
a distanza di quattro anni dagli Europei di Barcellona vince la 20 km di marcia
perché il campione europeo, tale Stanislav Emelyanov, è stato spogliato della
medaglia d’oro dalla Iaaf (International Association of Athletics Federations) per irregolarità nel passaporto biologico.
Vedo mentalmente la
scena: presentazione degli atleti, inni nazionali, podio e l’ex vincitore che
restituisce la medaglia nelle mani di colui che lo aveva premiato. Bacio di
rito (forse per l’occasione sarebbe più adatto uno scappellotto).
Fin qui tutto bene,
no?