Ho sempre sofferto
una certa difficoltà nell'accettare gli ebook e nell'affrontare i
"Classici".
Ho sempre pensato
che un libro è un libro. Copertina (preferibilmente rigida), pagine che
frusciano quando le giri, odore di carta, polvere.
Ho sempre pensato,
grazie agli alibi suggeritimi da Nick Hornby e Daniel Pennac che, in fin dei
conti, potevo ignorare l'esistenza di grandi capolavori. Potevo perché sono un
lettore e in quanto tale ho dei diritti ("Come un romanzo") e potevo perché
non c'è nessun libro che ad una certa età si deve aver letto.
Mi sono arreso tra
gli altri a Siddartha, all’Ulisse di Joyce, a Guerra e Pace. Ho sconfitto, ma
con gravi perdite: I Buddenbrook e l’Idiota.
E già mi sentivo in colpa intravedendo (per precisa scelta ovvero
scappando a gran velocità) articoli intimidatori del tipo “25 Classici che
bisogna leggere nella vita”...
Fino a quando Ebook
(grazie papà) e Classici non si sono messi d'accordo per sovvertire le mie
abitudini da lettore.
Esattamente da quando
Victor Hugo, per pochi spicci (“I Miserabili”), ha preso in affitto il mio
comodino. In una strana copula tra modernità e classicismo sono a
rimettere tutto in discussione.
Così sono stato
trascinato a Waterloo con Thénardier o a Parigi con Cosette da un dispositivo
elettronico. Catapultato nel bel mezzo di una sommossa con nient’altro che un e-reader scarico.
Il futuro che fa visita al passato.