domenica 28 giugno 2015

Oltre.

Pensare che all'inzio un contrattempo ti spinge quasi a rinunciare. 
Perché il momento ideale viene trascinato via dalle lancette attraversando un nugolo di gocce di sudore che scivolano a terra finché spingi su e giù una pompa che si dimostra fin dall'inizio poco collaborativa.
Stai per mollare quando decidi di chiedere aiuto. Non è una cosa che ti piace fare, ti ferma una sorta di pudore, un mantra interiore che ossessivamente ripete "chi fa da sè...".
Non succede nulla di male, alla fine. 
Ti viene in soccorso una pompa microscopica dalle insospettabili doti. E così, con quasi un'ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia ti butti in strada.
Sei armato di acqua, mela verde che disseta e una banana che, si sa, aiuta per il potassio.
Cinque, quattro, tre, due, uno, sessione iniziata. Ora c'è anche Runtastic con te.
L'obiettivo è sempre quello. Superarsi. Andare oltre il percorso dell'altra volta. E, possibilmente, di molto. Ecco perché era necessario partire presto. Che, poi, pensandoci bene mica le 9.30 possono definirsi presto. Però è Domenica, Sant'Iddio!
I primi chilometri scivolano agili sotto le ruote. Due "colleghi" ti sorpassano approfittando di un attraversamento pedonale e la cosa, da competitivo come sei, non ti va giù. Inizi, allora, una progressione sempre più intensa accelerando la pedalata in curva quando loro lasciano andare i pedali e proprio vicino al cimitero li raggiungi. Peccato che sia quella la loro destinazione. Più prosaicamente, salti il campo santo e tiri dritto innestando la marcia da salita. Scompaiono dietro una curva.
Hai messo l'acqua con del ghiaccio nella borraccia, e pensi che ti basterà. Per questo motivo, oltre che per la solita sbadataggine, alle fontane niente pitstop. 
Il caldo non è afoso, ma il sole martella la tua testa con insistenza. Altra dimenticanza: un sano berretto.
Pazienza: avanti tutta. Sono quasi le undici e mezza e l'obiettivo è raggiunto. Sei andato Oltre. Sembra una sciocchezza pensi. Ma cos'è che ti spinge? Cosa vuoi dimostrare? E a chi? Forse a nessuno. Forse vuoi andare distante. Ti piace l'idea di arrivare in bicicletta dove arrivi in auto. Che si può fare. Che lo puoi fare. Assaporando un paesaggio. Gustandolo a colpi di pedale. E poi c'è la competizione. La solita dannata competizione. Patrimonio genetico che ti assilla.
Nel frattempo sei ben oltre il tuo limite. Il caldo ora è pesante. Estrai l'arma e l'addenti. Ti sei fermato dopo una discesa all'ombra di qualche albero. Per un attimo hai avuto paura di aver forato. Tasti il copertone per assicurarti che sia tutto ok. E ti rendi conto che al 24° km la stanchezza comincia ad essere un fattore da non sottovalutare.

Capisci che il prossimo paese da avvicinare è un traguardo oggi impossibile da affrontare. E come al casinò lasci il tavolo prima che sia troppo tardi.
Ti rimetti in marcia. Perché tornare a casa è sempre più complicato. Faticoso.
Ti fermi quel tanto che basta per una foto da mandare a chi vorresti lì con te.  
Nel frattempo, Due, che sembrano di quelli seri, affrontano una salitella prima di te. Li vuoi prendere: stare dietro non  è da te, così aumenti la frequenza. E le gambe ti danno un segnale di quelli chiari. Sono dure. E mancano almeno 15 chilometri per inboccare la via della doccia.
Li superi con uno sforzo notevole, li saluti e passi oltre, tieni un ritmo elevato per un po' di metri per dissimulare la realtà: vorresti tanto rallentare per riposare, ma il tuo ego non te lo consente.
Procedi spedito per un po', ma il sole di mezzogiorno e mezzo comincia a trascinarti un po' in qua e un po' in là. Un maggiolone, percependo la tua difficoltà, prima ti affianca, poi ti si mette davanti, come a voler fendere l'aria, tirarti la volata. Ti accompagna per più di qualche metro. Lo ringrazi mentre cerchi di agevolare le gambe, trasformatesi in tronchi di legno, con un rapporto più agile.
Non basta però, perché un po' il tuo sedere, un po' le tue gambe ti chiedono di riposare.
Allora ti fermi sotto un albero. E speri che la banana, ti dia quell'energia che ti serve per affrontare il l'ultimo tratto. Hai finito l'acqua perché l'ultimo goccio te lo sei rovesciato sui capelli in modo da ripararti dal maglio del sole.
Riprendi la bicicletta e ti rimetti in strada. Unico obiettivo la fontana che ti sei lasciato alle spalle così stupidamente. Arranchi a fianco ad un recinto nel quale un asino, assediato dalle mosche, cerca di sfuggire, anche lui, ai raggi del sole. Lo guardi con occhi carichi di solidarietà e ti allontani. Ringrazi di non avere le mosche addosso. Spingi ancora le gambe. Talvolta anche sfruttando le braccia per aiutare il loro movimento. Ancora un tratto. Riconosci i primi punti di riferimento. 
Sai che la fontana non è distante da te. E la doccia non è distante dalla fontana.
Qualche albero rende meno faticoso l'ultimo tratto, finché sbuchi sulla strada. C'è solo un incrocio. Poi finalmente potrai bere. E bagnarti la testa. 
Attraversi, appoggi la bici ad un albero e...
Ahhhhhhhhhhhh!
Quanto ti ho desiderata.
Bevi e ti bagni. Ti bagni e bevi ancora. Bevi ancora, perché ti è mancata.
Poi riparti. 
Casa è vicina.

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