lunedì 27 luglio 2015

Another brick in the Wall...

Nemmeno 8 mesi fa abbiamo festeggiato l'anniversario della caduta del Muro di Berlino.
Il 9 novembre 2014 ci siamo rimpinzati di retorica raccontandoci della breccia che era stata aperta su una nuova epoca.
Io avevo 12 anni quando è caduto il Muro. Perché semplicemente così lo si chiamava.
Oggi una canzone dei Negrita mi ricorda: 
Giorni di velluto e poesie
disastri e Utopie
A Berlino tutto ok
Mentre il Muro andava in briciole!
In «Ich bin ein Berliner» non ho potuto trascurare il Muro. Perché una visita a Berlino ne è comunque impregnata.
Die Mauer. Ci ho scritto una tesi. Ne ho letto. L'ho visto. Ne ho fotografato i resti. Ho passeggiato lungo l'East Side Gallery.
Quando è caduto, pur non comprendendone i risvolti, ho intuito che era accaduto qualcosa di davvero importante
E giorno dopo giorno, mentre sua maestà Il Tempo centellinava le ore, i minuti, i secondi sino a trasformare la cronaca in storia, ho cominciato a capire cosa significasse. Cosa fosse realmente avvenuto.
Era un muro che, soprattutto, impediva alla gente di uscire. Di andarsene a cercare fortuna altrove. In paesi più liberi e più ricchi: «barriera di protezione antifascista» la chiamavano.
Ecco perché il fatto che, in Ungheria, vi sia in costruzione un nuovo muro mi impressiona.