Nell'ultimo messaggio ho
voluto infilare tre passioni dentro un ago e ho accennato un ricamo in
tema di viaggio. Poca roba per il vero...
Che, poi, si fa presto a dire viaggiare. Ma non è tutto così semplice e scontato.
Che, poi, si fa presto a dire viaggiare. Ma non è tutto così semplice e scontato.
Partirei, per esempio, da cosa per me non è viaggio.
Per me viaggiare non è arrivare in un luogo, depositare tutta la mia mercanzia in albergo (o peggio villaggio turistico) e poi cominciare il pellegrinaggio camera-spiaggia, spiaggia-ristorante, ristorante-camera, camera spiaggia e via così.
Per me viaggiare non è arrivare in un luogo, depositare tutta la mia mercanzia in albergo (o peggio villaggio turistico) e poi cominciare il pellegrinaggio camera-spiaggia, spiaggia-ristorante, ristorante-camera, camera spiaggia e via così.
No. Per me quella è una vacanza, qualcos'altro, comunque non è un Viaggio.
Forse
in realtà è solo questione di età. Quando avevo diciott'anni andava
benissimo. Oggi dopo due o tre giorni comincerei a chiedermi che diavolo
ci sto fermo in un posto già mandato a memoria (albergo, spiaggia,
lungomare) quando a pochi chilometri da lì c'è dell'altro. Andare
oltre. Proseguire (strano no? Che per dire di andare oltre si dica
seguire...).
La mia
concezione di viaggio si è sublimata già oltre gli "enta" nel primo
viaggio che ho fatto con Lei: 1200 chilometri in poco più di quattro
giorni lungo le strade dell'Andalusia infuocata.
Ho
scoperto che un viaggio per essere tale dev'essere itinerante. Ogni
notte una città diversa. Ogni giorno qualcosa di nuovo. E' fare le corse
per arrivare in tempo per il check-in, è scoprire la città con il
vestito della sera. E' riprendere la valigia, chiudere il bagagliaio e
dare gas.
Cordoba, Grenada, El Cabo de Gata, Almeria, Malaga.
Un
viaggio itinerante è senza dubbio un Viaggio. Se poi il viaggio
itinerante è durante la fase dell'innamoramento allora c'è di più. O,
meglio, non c'è di più.
Il viaggio itinerante è, poi, un incrocio pericoloso tra Via della preparazione e Corso dell'improvvisazione.
In primis perché la preparazione è un piacere che nasce ancor prima di aver fatto i bagagli.
E' pre-gustare. E' attesa del piacere e, quindi, essa stessa piacere come diceva Oscar Wilde.
Cercare i posti, prenotare le visite, guardare le foto. Fantasticarci sopra.
Poi, la preparazione consente di evitare orribili sorprese: arrivare ad un Museo e scoprire che è il giorno di chiusura... O, ancora, è capire cosa vale veramente la pena di visitare nel tempo a disposizione (che, incredibilmente, scarseggia sempre). E' metterci di tutto perché la giornata è lunga e c'è molto, troppo da vedere.
Ma non siamo automi, siamo viaggiatori. Perciò serve anche una spruzzata di improvvisazione. Oserei dire Q.B. per stare in cucina.
L'improvvisazione è la scelta del momento sulla base dell'umore, della voglia, delle sensazioni. Oppure è la libertà di godere sul posto di qualcosa di inaspettato. Un tramonto. Un parco dove fermarsi con due raggi di sole. E' la libertà di incontrare qualcuno. E' lasciarsi ammaliare dalla storia dello Champagne il giorno di ferragosto: e non importa se ne capisci un terzo. E' mixare casualmente dialetto, italiano, spagnolo cercando di spiegare perché sei in ritardo. E' una coda di due ore sotto l'acqua (ripagata ampiamente da Brunelleschi!). E' il silenzio delle spiagge del D-Day. Un panino in un locale stretto e stracolmo in cui gli osti ti sfottono tra un bicchiere di vino e un "Per me con cinghiale e pecorino, grazie". E' saltare la cena perché "quello spettacolo" non si può perdere. E' ripercorrere la storia con occhi e orecchie sui muri di una cattedrale (https://www.youtube.com/watch?v=hJZx5sEHdsc). E' prendersi una fregatura e saperne ridere. E' chissà cos'altro.
Eppure il viaggio non finisce lì. Finisce con le recensioni per altri viaggiatori. Con i racconti. Con i consigli. Perché ciò che hai visto non può non essere condiviso. Finisce con le foto da scaricare sul computer e riguardare ogni tanto. Finisce con la scelta di quelle da stampare. Finisce con i ricordi. I ricordi dei suoni, delle luci, dei sapori, delle stanchezze, dei piedi che ti fanno male, dell'entusiasmo alla partenza e della malinconia del ritorno, delle serate passate a cercare un alloggio, delle prenotazioni "ma perché abbiamo aspettato tanto?". Quindi, a pensarci bene, il viaggio non finisce mai...
Ora scusate: devo capire cosa c'è di bello da vedere a Berlino!
Cercare i posti, prenotare le visite, guardare le foto. Fantasticarci sopra.
Poi, la preparazione consente di evitare orribili sorprese: arrivare ad un Museo e scoprire che è il giorno di chiusura... O, ancora, è capire cosa vale veramente la pena di visitare nel tempo a disposizione (che, incredibilmente, scarseggia sempre). E' metterci di tutto perché la giornata è lunga e c'è molto, troppo da vedere.
Ma non siamo automi, siamo viaggiatori. Perciò serve anche una spruzzata di improvvisazione. Oserei dire Q.B. per stare in cucina.
L'improvvisazione è la scelta del momento sulla base dell'umore, della voglia, delle sensazioni. Oppure è la libertà di godere sul posto di qualcosa di inaspettato. Un tramonto. Un parco dove fermarsi con due raggi di sole. E' la libertà di incontrare qualcuno. E' lasciarsi ammaliare dalla storia dello Champagne il giorno di ferragosto: e non importa se ne capisci un terzo. E' mixare casualmente dialetto, italiano, spagnolo cercando di spiegare perché sei in ritardo. E' una coda di due ore sotto l'acqua (ripagata ampiamente da Brunelleschi!). E' il silenzio delle spiagge del D-Day. Un panino in un locale stretto e stracolmo in cui gli osti ti sfottono tra un bicchiere di vino e un "Per me con cinghiale e pecorino, grazie". E' saltare la cena perché "quello spettacolo" non si può perdere. E' ripercorrere la storia con occhi e orecchie sui muri di una cattedrale (https://www.youtube.com/watch?v=hJZx5sEHdsc). E' prendersi una fregatura e saperne ridere. E' chissà cos'altro.
Eppure il viaggio non finisce lì. Finisce con le recensioni per altri viaggiatori. Con i racconti. Con i consigli. Perché ciò che hai visto non può non essere condiviso. Finisce con le foto da scaricare sul computer e riguardare ogni tanto. Finisce con la scelta di quelle da stampare. Finisce con i ricordi. I ricordi dei suoni, delle luci, dei sapori, delle stanchezze, dei piedi che ti fanno male, dell'entusiasmo alla partenza e della malinconia del ritorno, delle serate passate a cercare un alloggio, delle prenotazioni "ma perché abbiamo aspettato tanto?". Quindi, a pensarci bene, il viaggio non finisce mai...
Ora scusate: devo capire cosa c'è di bello da vedere a Berlino!
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